Disturbo Oppositivo Provocatorio: Intervento di Play Therapy Cognitivo-Comportamentale
Che cos’è il Disturbo Oppositivo Provocatorio?
Il Disturbo oppositivo provocatorio (DOP) rientra nella categoria diagnostica dei disturbi del comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta che comprendono condizioni che comportano problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti. È tipico dell’età pediatrica ed è caratterizzato dalla presenza stabile e protratta di un umore irritabile, da comportamenti provocatori, ostili e polemici verso le autorità e da un’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e dei propri errori.
Come si manifesta il Disturbo Oppositivo Provocatorio?
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è caratterizzato da un atteggiamento ricorrente e costante di sfida, disubbidienza e ostilità nei confronti delle figure dotate di autorità (genitori, insegnanti e altri adulti). La caratteristica essenziale del disturbo oppositivo provocatorio è la presenza di uno schema frequente e persistente di umore collerico/irritabile, di comportamento polemico/provocatorio o vendicativo che dura almeno sei mesi ed evidenziato dalla presenza di almeno quattro sintomi tra le seguenti categorie:
- si arrabbia spesso.
- è permaloso/a o facilmente contrariato/a.
- è spesso adirato/a e risentito/a.
- litiga spesso con figure che rappresentano l’autorità (genitori, insegnanti) o con gli adulti.
- spesso sfida attivamente le figure dotate di autorità o si rifiuta di rispettare le regole
- è dispettoso/a o vendicativo/a.
I sintomi di questo disturbo sono più evidenti nell’interazione con gli adulti e comportano spesso un importante peggioramento nel funzionamento scolastico e interpersonale.
Quando si manifesta il disturbo oppositivo provocatorio?
I primi segnali che indicano la presenza di un Disturbo Oppositivo Provocatorio possono essere già identificati verso i 5-6 anni, anche se molti bambini vengono diagnosticati come DOP in età preadolescenziale. I sintomi di opposizione spesso emergono nell’ambiente familiare, ma col tempo possono comparire anche in altri contesti. Intervenire quanto prima su questa problematica è rilevante, in quanto, come è stato evidenziato da molta letteratura, in alcuni casi questo disturbo può avere un’evoluzione negativa durante la pubertà o l’adolescenza e degenerare in Disturbo della Condotta.
Quali sono le cause del disturbo oppositivo provocatorio?
Tra le cause del Disturbo Oppositivo Provocatorio possiamo riscontrare:
- Fattori ambientali: nelle famiglie di bambini ed adolescenti con disturbo oppositivo provocatorio sono comuni pratiche educative rigide, incoerenti o negligenti, e tali pratiche svolgono un ruolo importante in molte teorie sulle cause del disturbo.
- Fattori temperamentali: la presenza di fattori temperamentali legati a problemi di regolazione emotiva come alti livelli di reattività emozionale e scarsa tolleranza alla frustrazione sono predittivi del disturbo.
- Fattori genetici e fisiologici: un certo numero di marker neurobiologici come una bassa frequenza cardiaca, una reattività di conduttanza cutanea, una ridotta reattività del cortico basale, anomalie nella corteccia prefrontale e nell’amigdala possono essere associate al disturbo oppositivo provocatorio.
Disturbo Oppositivo Provocatorio e intervento di Play Therapy Cognitivo-Comportamentale (CBPT)
Il trattamento ideale implica il coinvolgimento di scuola, famiglia e bambino stesso, oltre ad un intervento di tipo farmacologico, dove e quando necessario.
In particolare, la Cognitive Behavioral Play Therapy (CBPT) è cresciuta negli ultimi 20 anni ed è utilizzata più spesso come trattamento di scelta per i bambini. Il gioco è il loro linguaggio e, durante una sessione di play therapy, i bambini sono liberi e aperti a imparare di più. La terapia del gioco cognitivo cognitivo-comportamentale può incorporare le tecniche cognitive e comportamentali utilizzate ma in un formato divertente e non minaccioso. Poiché gli interventi sono interessanti e giocosi, i bambini si adeguano e si impegnano nel proprio trattamento.
I poteri terapeutici del gioco, come facilitare la comunicazione, l’autoregolamentazione e l’insegnamento diretto e indiretto (Schaefer & Drewes, 2014), possono aiutare i bambini a identificare e comunicare i loro problemi attraverso il gioco e a partecipare più pienamente al trattamento. Un aspetto vitale dell’utilizzo della terapia del gioco è che il bambino sia attivamente coinvolto, praticante e sviluppi le competenze necessarie nel trattamento.
È stato documentato che il trattamento cognitivo-comportamentale può portare a risultati positivi (Antshel, Faraone e Gordon, 2014; Raggi & Chronis, 2006; Harris, Friedlander, Saddler, Frizzelle e Graham, 2005; Kaduson, 1997b). Tuttavia, la terapia del gioco cognitivo-comportamentale aggiunge l’aspetto importante del gioco ai compiti o alle tecniche (Abdollahian et al., 2013; Kaduson, 1997a).
Il piacere e le sensazioni positive del gioco consentono di provare sentimenti più positivi per contrastare l’impatto negativo sull’ambiente di insegnanti, genitori, fratelli e coetanei che dicono loro di fermarsi, prestare attenzione e comportarsi bene (Kaduson, 1997b)
La play therapy cognitivo-comportamentale è una terapia strutturata, breve e orientata agli obiettivi che vengono condivisi con il bambino e la famiglia. Il bambino viene accolto in un setting di gioco che ha l’obiettivo di creare l’alleanza terapeutica e i genitori seguono un percorso parallelo al figlio finalizzato all’apprendimento e potenziamento delle competenze genitoriali.
L’intervento si articola nelle seguenti fasi:
- FASE DI ORIENTAMENTO: è la fase iniziale della play therapy cognitivo-comportamentale. C’è un’enfasi significativa sulla preparazione sia del bambino che dei genitori. È cruciale organizzare un incontro iniziale tra il terapeuta e i genitori, senza la presenza del bambino, per esaminare dettagliatamente la storia e le informazioni di base. Questo permette ai genitori di condividere la propria percezione del problema del bambino. Durante questi incontri iniziali, il terapeuta assiste i genitori nella preparazione del bambino per la prima sessione. In questa fase, viene anche spiegato il ruolo continuo dei genitori e di altri adulti significativi nel processo di valutazione e trattamento del bambino. Nonostante l’attenzione al bambino durante la play therapy cognitivo-comportamentale, il terapeuta continua a interagire regolarmente con i genitori per offrire supporto e valutare il progresso degli obiettivi terapeutici.
- FASE DI VALUTAZIONE: si focalizza sulla raccolta di informazioni cruciali per stabilire gli obiettivi della terapia. Oltre ai colloqui con i genitori, un elemento chiave è l’osservazione del gioco del bambino. Durante questa fase vengono impiegati diversi strumenti, tra cui questionari somministrati ai genitori, la valutazione del gioco del bambino, la valutazione del gioco familiare, il compito di completamento delle frasi con i puppets, e altre misure personalizzate sviluppate dal terapeuta. Il terapeuta può stabilire una baseline per la frequenza dei comportamenti del bambino, consentendo di valutare i cambiamenti del comportamento nel corso del trattamento.
- FASE DI CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO: la play therapy cognitivo-comportamentale inizia con l’analisi dei dati raccolti durante la valutazione del bambino, con l’obiettivo di pianificare un trattamento efficace e fornire una struttura logica per lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Si comincia spiegando il disturbo oppositivo-provocatorio, analizzando i fattori individuali, relazionali e ambientali correlati alle preoccupazioni dei genitori. Si esamina il lato emotivo, i pensieri, le sensazioni fisiche e le strategie di coping che il bambino utilizza. Questa fase include anche l’analisi dei fattori di protezione, rischio e mantenimento che contribuiscono al comportamento del bambino.
- FASE DI INTERVENTO: della terapia nella play therapy cognitivo-comportamentale si concentra sull’uso di tecniche CBT che aiutano il bambino con disturbo oppositivo-provocatorio a sviluppare risposte più adattive ai problemi, alle situazioni e ai fattori di stress. L’attenzione è sull’apprendimento di pensieri e comportamenti più adattivi. I metodi utilizzati includono il modeling, il role playing, la biblioterapia, la generalizzazione e la prevenzione delle ricadute. Gli interventi sono spesso tradizionali interventi cognitivi adattati attraverso strumenti di gioco come il disegno e le arti espressive, l’ascolto di storie di protagonisti con lo storytelling terapeutico o l’interazione con puppets che affrontano situazioni simili. Il trattamento include interventi volti a aiutare il bambino a generalizzare i comportamenti appresi durante le sessioni ad altri contesti e a lavorare per la prevenzione delle ricadute. Anche se il focus principale è sul bambino, è importante mantenere incontri regolari con i genitori per monitorare i progressi, valutare e intervenire sull’interazione tra il bambino e i genitori, e fornire consigli sulle aree di interesse.
- FASE DI CONCLUSIONE della terapia, sia il bambino che la famiglia sono coinvolti attivamente. Durante questo periodo finale, il bambino affronta i sentimenti legati alla fine della terapia, mentre il terapeuta sottolinea i cambiamenti avvenuti e consolida il processo di apprendimento. Le sessioni finali possono essere estese nel tempo, passando da incontri settimanali a quindicinali o mensili. Questo aiuta il bambino a percepire la sua capacità di gestire la vita senza il terapeuta. Il terapeuta rafforza positivamente i progressi del bambino tra le sessioni e cerca di normalizzare l’esperienza di separazione. Dalla conclusione dell’intervento vengono previsti follow-up a 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi e 24 mesi per verificare l’efficacia dell’intervento.
Quali sono gli obiettivi terapeuti?
Nella play therapy cognitivo-comportamentale la definizione degli obiettivi viene condivisa con i bambini e le loro famiglie. Di fronte an quadro di Disturbo Oppositivo-Provocatorio, generalmente ci si pone i seguenti obiettivi:
- sviluppare strategie che lo guidino in modo sistematico alla pianificazione del proprio comportamento nei diversi ambiti di vita e alla risoluzione dei problemi (Problem Solving).
- acquisizione della capacità di monitorare le proprie azioni, sviluppando una capacità di autoregolazione verso l’impulsività e la disattenzione.
- trarre informazioni importanti dai propri errori per autocorreggersi, ma anche a sapersi premiare per il raggiungimento di risultati positivi.
- incremento delle abilità sociali, attraverso il rispetto delle regole, lo sviluppo di interazioni più efficaci e la capacità di decodificare lo stato emotivo altrui, per poter rispondere e relazionarsi in modo adeguato e funzionale.
Cosa possono fare i genitori?
Per facilitare l’intervento sui bambini, i genitori devono essere formati su come comprendere e gestire il comportamento dei loro figli e su come essere i sostenitori di cui hanno bisogno.
INTERVENTO DI PARENT TRAINING NEL DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO
Cos’è il Parent Training?
Il Parent Training è modello d’intervento basato sulla competenza dove si parte dal presupposto che le famiglie sono in grado di condurre e affrontare il problema e che tutte le famiglie abbiano punti di forza e possano imparare.
Il parent training inserito nella Play therapy cognitivo comportamentale sottolinea l’importanza del coinvolgimento nel setting della playroom anche dei genitori, i quali hanno la possibilità di osservare e via via implementare un intervento per modellare i comportamenti adattivi alla presenza del terapeuta. Enfatizza la capacità di adattamento e la capacità di apprendimento dei genitori e propone di modificare lo stile relazionale e gli atteggiamenti che influiscono negativamente sui comportamenti dei bambini .
I genitori, in questo modo, hanno la possibilità di:
- Apprendere nuove competenze
- Imparare e praticare tecniche specifiche
- Ricevere feedback individualizzati e continui dal terapeuta per essere aiutati a diventare più consapevoli
- Imparare a interpretare in modo più accurato le emozioni, le preoccupazioni e la comunicazione dei loro figli, espresse attraverso il loro gioco.
Questo programma denominato PARENT TRAINING CBPT segue un approccio integrato e innovativo fondato sui seguenti approcci:
APPROCCIO EDUCATIVO
Le tematiche comprendono:
- La natura dei problemi/disturbi del bambino
- Lo sviluppo del bambino in relazione al disturbo
- I principi generali dell’apprendimento
- Il modello transazionale delle relazioni genitore-figlio
APPROCCIO MODIFICAZIONE DEL COMPORTAMENTO
L’obiettivo è rimuovere le condizioni all’origine dei comportamenti problema e sostituirli con condotte desiderabili da un punto di vista adattivo e sociale. I genitori lavorano per apprendere nuove abilità che comprendono:
- Shaping
- Estinzione/ignorare
- Rinforzo positivo (tangibile, sociale, sistemi di token)
- Rinforzo differenziale
- Time out (sospensione del rinforzo positivo)
- Tecniche di rilassamento
APPROCCIO COGNITIVO
I genitori lavorano per apprendere nuove abilità che comprendono:
- Abilità di problem solving
- Ristrutturazione cognitiva
- Automonitoraggio
- Aspettative realistiche
APPROCCIO ALLO SVILUPPO DELLA RELAZIONE
I genitori lavorano per apprendere nuove abilità che comprendono:
- Ascolto empatico (commenti non direttivi, descrittivi, riflessivi)
- Uso di un tempo di gioco diretto al bambino
- Consegna di ordini efficaci
- Instaurare aspettative chiare (es regole della casa)
- Uso di giochi/libri terapeutici (il genitore con il figlio
- Abilità di ascolto
Come si struttura l’intervento di Parent Training nella Play Therapy Cognitivo-Comportamentale?
Anche se il lavoro principale è con il bambino, è importante incontrare periodicamente anche i genitori. Il coinvolgimento dei genitori nella play therapy cognitivo-comportamentale è importante, sia durante la valutazione che durante il trattamento. Viene previsto con un percorso parallelo alla terapia del bambino, dove viene sottolineato il ruolo fondamentale dei genitori nell’influenzare i comportamenti disadattivi dei loro figli. I genitori spesso vengono incoraggiati a rafforzare e rinforzare il comportamento adattivo del bambino per proseguire il trattamento al di fuori della terapia (es. vengono addestrati a utilizzare il rinforzo appropriato dei comportamenti adattivi e l’estinzione di quelli disadattivi).
A chi è rivolto? E’ rivolto ad entrambi i genitori
Quanto dura? Tendenzialmente vengono svolti da 6 a 14 incontri, organizzati in un incontro a settimana dalla durata di 1 ora
Il percorso viene strutturato in fasi:
1.FASE ASSESSMENT : si analizza il problema, si adatta lo stile educativo e i definisce l’obiettivo. In questa fase i genitori ricevono informazioni sulle cause e le conseguenze dei comportamenti disfunzionali dei figli e imparano a stabilire delle regole chiare e coerenti
2.FASE DI APPRENDIMENTO: in questa fase si lavora per definire nuovi apprendimenti di tutte quelle abilità fondamentali per supportare il cambiamento del bambino. I genitori hanno la possibilità di conoscere ed esercitare “le tecniche” attraverso l’uso di sessioni di pratica, in cui il terapeuta mette in atto il ruolo del bambino, guidando e istruendo i genitori. In particolare si lavora su:
- Padronanza dei prerequisiti
- Modellamento delle abilità
- Role-playing
- Apprendimento senza errori
- Approssimazioni successive (shaping)
- Feedback (rinforzatori verbali e sociali, token economy)
- Pratica
3.FASE DI PRATICA: in questa fase vengono previste sessioni di gioco con i propri figli. Si mettono in pratica le competenze apprese. I genitori imparano a riconoscere e prevenire le situazioni che causano i comportamenti difficili dei figli e a usare le stesse strategie di problem solving in diverse situazioni. Dopo alcuni momenti di pratica con il terapeuta, i genitori iniziano a tenere sessioni di gioco con i propri figli, singolarmente, sotto la supervisione del terapeuta.
4.FASE DI CONFRONTO: i genitori dialogano con il terapeuta sulle sessioni di gioco fatte a casa, per imparare come generalizzare ciò che hanno appreso. Vengono discussi gli aspetti che i genitori sentono di aver fatto bene e affrontati possibili problemi che sono sorti.
In questa fase il terapeuta aiuta i genitori a generalizzare tutti gli interventi appresi e le abilità alla base delle competenze e capacità genitoriali che hanno imparato durante la fase di allenamento.
Ogni settimana, viene dedicato un po’ di tempo all’utilizzo di ciò che hanno imparato nelle situazioni della vita quotidiana e vengono assegnati compiti a casa volti all’uso delle tecniche.
5.FASE DI CONCLUSIONE: si verifica quando gli obiettivi terapeutici sono stati raggiunti e i genitori hanno acquisito un buon livello di competenza, per ciò che riguarda le attività di gioco e le abilità genitoriali. Spesso la terapia viene portata a conclusione in modo graduale, con la frequenza degli incontri che viene ridotta a settimane alterne, poi mensile e così via.
Obiettivi del Parent Training
Questo percorso aiuta il genitore a interagire in modo efficace con il proprio figlio, sviluppando abitudini e tecniche comportamentali e comunicative funzionali. Obiettivo dell’intervento sarà quello di rimuovere le condizioni all’origine dei comportamenti-problema e di sostituirli con condotte desiderabili da un punto di vista adattivo e sociale. Gli obiettivi sono focalizzati per prevenire le disfunzioni, promuovere il benessere e migliorare le condizioni di crisi.
Gli obiettivi del lavoro con i genitori sono:
- Accrescere la loro comprensione del comportamento problematico del bambino;
- Stabilire aspettative più realistiche;
- Aumentare il calore, la fiducia e l’accettazione nei confronti del figlio;
- Capire l’importanza dell’interazione attraverso il gioco;
- Comunicare in modo più efficace con i propri figli;
- Sviluppare maggiore fiducia come genitori e ridurre le frustrazioni vissute con i propri figli.
- Sviluppare di una maggiore pazienza per creare aspettative più realistiche;
- Discutere le reazioni personali con il terapeuta per sviluppare un maggior grado di comprensione dei propri sentimenti e comportamenti;
- Imparare come diventare i migliori risolutori di problemi e dei
conflitti familiari e sviluppare una maggiore motivazione verso il cambiamento.
Bibliografia
Favaro, A., & Sambataro, F. (2021). Manuale di psichiatria. Piccin.
Geraci M. A. (2022). La play therapy cognitivo-comportamentale. Armando Editore. Roma
Geraci M. A. (2023). Comprendere il mondo dei bambini giocando. Armando Editore. Roma
Geraci M. A. (2024). Il mondo della dottoressa Lulù. Collana Amzon – CBPT Books.
Knell S. M. (1993). Cognitive Behavioral Play Therapy. J. Aronson
American Psychiatric Association (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta edizione. DSM-5. Tr.it.
Pandolfi, E. (2010). I Disturbi Esternalizzanti nell’Infanzia: fattori di rischio e traiettorie di sviluppo. Semestrale a cura degli studenti della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva e dell’Associazione di Psicologia Cognitiva, 50.